I suggerimenti di Roberto Gardini, maestro del bere bene

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Bianchi, rossi, bollicine, territorio, Italia, Francia, mixology, food pairing… Come orientarsi nella Babele del beverage? Attenzione, qui serve un coach! Bere a caso non va più di moda.

E allora due chiacchiere con chi dell’arte del bere bene ha fatto una filosofia di vita non può che essere un privilegio.

Roberto Gardini, cervese, nel 1993 diventa miglior sommelier professionista d’Italia e da allora non si è più fermato. Tanto che oggi a 30 anni esatti da quel trionfo  è direttore del corso sulla Sommellerie alla Scuola di Alma, Il più autorevole centro per l’Alta Formazione in Cucina e nell’Ospitalità italiana a livello internazionale, da dove ogni anni escono decine di professionisti con un lavoro assicurato alla corte degli stellati di mezzo mondo. Ma nel suo curriculum c’è molto altro, compresa un’assidua militanza nell’Associazione Italiana Sommelier, sia a livello nazionale che territoriale.

Gardini, qual è il suo approccio davanti al calice?

Il mondo del vino negli anni si è fortemente evoluto. Sono migliorate le tecniche in vigna e in cantina; si sono affinati gusto e sensibilità, tanto che vini ottimi e tecnicamente di altissimo livello si producono ormai dovunque. Ma, al di là del gusto personale, il colpo di fulmine va ricercato nel carattere, nella storia e nella personalità di un vino. E in questo l’Italia, per la sua inarrivabile biodiversità, ha davvero quattro assi da giocare.

Questo spinge ad esplorare i territori del vino ad assaporarne la diversità…

Certamente e ciò a tutto vantaggio di un turismo evoluto e curioso. Ogni lembo di terra italiana va riconosciuto e apprezzato oltre che per le sue caratteristiche naturali, artistiche o architettoniche anche per i sui vini, diversi e caratteristici, e per la sua gastronomia.

Dunque, cosa c’è da scoprire in Romagna…?

Qui vale la pena assaggiare l’Albana il più tipico dei vitigni di questo territorio. Una nicchia da meno di un milione di bottiglie, prodotta fra le colline imolesi e i contrafforti del Cesenate da una manciata di produttori. Eppure l’Albana è un vino che a buon diritto va inserito nell’Olimpo dei bianchi del Belpaese e va apprezzato per le sue molteplici rappresentazioni: secco, passito, dolce e spumante; croccante di frutto ma anche tagliente e verticale, surmaturo o botrizzato; cresciuto nell’acciaio, nel cemento, nel legno o addirittura nelle anfore georgiana. Un’infinità di stili che se da un lato può disorientare, dall’altro offre l’incredibile opportunità della scoperta e dell’originalità.

Rimanendo sui vini bianchi, i vini dell’estate, cosa consiglierebbe di tenere in carta a un ristoratore di Milano Marittima?

Bè inserirei certamente una pagina di territorio, cominciando dalle Albane di diversa tipologia. Nella stessa pagina aggiungerei anche alcuni Lambrusco emiliani, i Sorbara soprattutto, che spumantizzati Metodo Classico hanno raggiunto una qualità e una piacevolezza incredibile e, perché no, qualche Pignoletto della Docg Colli Bolognesi. Poi uno sguardo all’Italia, regione per regione, privilegiando i Verdicchi marchigiani, sia Castelli di Jesi che Matelica, alcuni bianchi campani, per poi concentrarmi su Friuli e Altoadige. Ma certo – puntualizza Gardini - non vanno dimenticati i cugini francesi, cominciando dagli Chablis di Borgogna che negli anni hanno davvero espresso tutte le loro potenzialità acquistando in acidità e sostanza. E, spostandomi a est, è d’obbligo un tuffo in Alsazia alla ricerca dei grandi Riesling…

E le bollicine? Anzitutto onore alla bandiera! Ai tre moschettieri italiani, Franciacorta, Trento Doc e Oltrepo Pavese, aggiungerei almeno un altro territorio, quello dell’Alta Langa. Senza dimenticare  i Prosecco, quelli più vocati però, dell’Alta Marca Trevigiana, e naturalmente i cru di Cartizze. Ma qui a Milano Marittima vedo bene anche un’intera pagina di un’ipotetica carta vini dedicata allo Champagne,  spaziando fra tutte le tipologie, Blanc de Blanc, Blanc de Noir e Rosé.

Un’ultima curiosità: coktail a tavola e food pairing che ne pensa?

E’ una tendenza che nasce parecchi anni fa nei locali anglosassoni più trend. E piano piano si è diffusa, direi con un po’ di ritardo, anche nei locali gourmet italiani. Una tendenza che dà originalità e freschezza alle proposte gastronomiche particolari e che io sposo con entusiasmo. Servire pesce crudo con un gin tonic pensato con le botaniche adeguate o con un Negroni sbagliato, tanto per stare sui classici, o pesce marinato con preparati a base di gin e rum  con ghiaccio pilè, lo trovo azzeccato,  divertente  e decisamente contemporaneo.