Lino Guanciale: il re della fiction che ama il teatro

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di Giulia Fellini

Teatro, cinema, tv, un esordio alla regia. Linguaggi e volti sempre diversi per il vulcanico e affascinante Lino Guanciale, premiato da numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Ubu come miglior attore ne La classe operaia va in paradiso e acclamato dai fan club ispirati ai suoi personaggi televisivi. Incrociamo l’attore abruzzese in Emilia, dove, alla Corte Ospitale di Rubiera, sta mettendo in scena la sua prima regia. "A Rubiera abbiamo fatto una sessione di prova dello spettacolo che ha debuttato alle Passioni di Modena il 7 dicembre - spiega - Si tratta de Nozze di Elias Canetti e fa parte del Progetto Canetti. Il secolo preso alla gola che Emilia Romagna Teatro ha dedicato al grande scrittore e che si conclude con due spettacoli, il mio appunto è La commedia della vanità per la regia di Claudio Longhi”.

ERT e il suo direttore Claudio Longhi fanno parte da tempo della sua vita professionale.
Esatto, mi lega a Ert e soprattutto a Longhi un sodalizio artistico di tanti anni, costruito partecipando a una modalità di lavoro sul teatro che si è sviluppata nel tempo, fatta oltre che di spettacoli importanti, di reading, lezioni con i giovani, teatro partecipato.

Cosa ci racconta della sua prima regia teatrale?
Arrivare alla regia è stato un percorso naturale della mia attività di insegnamento in altri contesti. Direi che è arrivata nel momento giusto, in tempo perfetto. Nozze è un testo affascinante, come, per altro, tutti i testi di Canetti che non lasciano troppi escamotage agli attori, sono testi densi. Il cast è composto da attori molto giovani, sono tutti ragazzi che frequentano l’Accademia di Ert, lavorare con loro è in qualche modo come lavorare su materiale vergine e questo aspetto si sposa con l’assoluta mancanza di scafatezza di questa opera drammaturgica. Nozze è una specie di farsa grottesca, un testo figlio di un momento storico preciso, ma può essere letto con gli occhi di oggi e dirci ancora molto.

Ha accennato al Teatro Partecipato. Ricordiamo il progetto Ert Carissimi Padri che ha coinvolto decine e decine di persone ‘comuni’. Come si inserisce questa formula nella sua idea di teatro?
Il teatro in generale è uno strumento didattico e pedagogico formidabile, ma anche un veicolo relazionale. Se parliamo di Teatro Partecipato va precisato che è un modello che non parte dal talent scouting, ma offre al numero più ampio possibile di persone la possibilità di fare esperienza di palcoscenico. Stare sul palcoscenico significa non essere mai soli, disciplinare ciò che si sta facendo. Inoltre penso sia un’opportunità formidabile di formazione del pubblico. Credo che oggi si stia verificando un’inversione di tendenza, lo spettacolo dal vivo, pur in un tempo fortemente digitale, resiste e è importante costruire situazioni dove il pubblico si formi.

Dal teatro alla tv con successo di pubblico e di critica che l’hanno incoronato re delle fiction. Sicura la terza stagione de L’Allieva con Alessandra Mastronardi, torneranno anche i protagonisti inventati da Carlo Lucarelli nella Porta Rossa. E faremo la conoscenza di un nuovo commissario. Come si vede in questa veste?
Inizialmente della tv mi spaventavano i ritmi, tempi necessariamente duri. Poi però quando queste fiction sono arrivate mi sono sentito sufficientemente forte per affrontare anche questo tipo di lavoro. E devo dire che fare serie televisive e cinema regala una visibilità enorme, che può far bene ad un certo punto della propria vita professionale.

C’è grande attesa per la nuova serie diretta da D’Alatri, tratta dal romanzo di Maurizio De Giovanni, in cui veste i panni del commissario Ricciardi. Ancora un commissario e, come Cagliostro, in dialogo con il sovrannaturale.
È sicuramente un elemento di grande fascino, pur essendo Ricciardi e Cagliostro molto diversi, entrambi convivono con l’aldilà. Ricciardi è un bel personaggio a cui dare corpo. Si vocifera che abbia un rapporto con il diavolo, perché percepisce l’ultimo pensiero di chi muore di morte violenta. Dall’esterno può apparire quasi un sociopatico, in realtà è una specie di eroe antieroico, condannato a condividere il suo segreto solo con lo spettatore. Questa ficion è un dramma storico, la grande protagonista è la Napoli anni 30 quindi siamo in pieno periodo fascista.

E in un prossimo futuro?
Con un calendario un po’ meno fitto, mi piacerebbe avere la possibilità di dire di sì a qualche progetto cinematografico interessante. Ma, intendiamoci, non ho nessuna intenzione di rinunciare al teatro.