Elisabetta Sgarbi: “La Milanesiana in Riviera? Un mio vecchio pallino”

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a cura di Federica Bianchi

Una rosa sboccia nell’estate romagnola: è quella simbolo della Milanesiana, il festival culturale dall’anima itinerante inventato nel 2000 da Elisabetta Sgarbi, che per la prima volta sbarca fra l’Adriatico e la via Emilia. Quattro serate, dal 3 al 6 agosto, in altrettante piazze romagnole (Gatteo a Mare, Santarcangelo, Forlimpopoli, Cervia - Milano Marittima), per celebrare gli anniversari dei grandi personaggi di questa terra nel segno dell’originalità e della sperimentazione artistica, che da sempre caratterizzano questo festival. E nella tappa finale la rosa ci sarà davvero, con l’inaugurazione dell’omonima opera di Marco Lodola donata al Comune di Cervia dalla Fondazione Elisabetta Sgarbi. Romagnole anche la colonna sonora del festival, con le sigle “Il Ballo della Rosa”, “Milanesiana di Riviera”, “E la nave arriverà”, composte ad hoc per l’edizione 2020 da Extraliscio - Punk da balera, gruppo musicale romagnolo e apolide che ha radici nella grande tradizione del liscio. Inoltre, il 6 agosto gli Extraliscio saranno protagonisti a Milano Marittima di un imperdibile ‘duello’ musicale con il jazzista Paolo Fresu. Poliedrica protagonista della scena culturale italiana, muovendosi con disinvoltura fra editoria (dal 2015 è al timone della Nave di Teseo, dopo un lungo impegno in Bompiani), cinema, arte, saggistica, la sorella di Vittorio Sgarbi è la vera anima della Milanesiana (di cui cura la direzione artistica): con la sua determinazione è riuscita a far sì che si realizzasse l’edizione 2020, e la trasferta romagnola è nata proprio da una sua idea, come ci racconta lei stessa. “È stata una coincidenza astrale molto particolare. Con la chiusura di tutte le attività, e con nessuna prospettiva davanti, ho dovuto reinventare il programma della Milanesiana sino a quel momento composto. E con l’idea, ma forse più la speranza e il desiderio, che a luglio le attività sarebbero riprese, ho scritto all’Assessore Corsini e al Presidente Bonaccini che ero disponibile a portare alcuni incontri della Milanesiana anche in Romagna. E da qui tutto si è avviato, con l’aiuto della Regione e della Apt”.

L’ultima tappa romagnola sarà a Milano Marittima, che deve a Milano non solo il nome, ma le sue origini. Sarà l’occasione per rinsaldare questo legame e magari gettare le basi di una futura collaborazione fra la Milanesiana e Milano Marittima?
“Era un mio vecchio pallino. Milano Marittima è stato sempre il luogo delle mie vacanze, con i miei genitori. Mio padre voleva i lidi estensi - più morigerati - mia madre Milano Marattima, piena di vita e attività. Ovviamente la vinse mia madre. Ci sono sempre tornata, tutte le estati, avevo i miei negozi, i miei ristoranti. Da quando mia madre non c’è più, non ce l’ho più fatta a venire a Milano Marittima. E’ un luogo che mi lega a lei. La Milanesiana mi ha spinto a tornarci. E mi auguro che Lei ci torni con me, trascini come sempre mio padre, perché ci sarà una sorpresa fuori programma”.

Mentre molti altri festival e manifestazioni sono stati annullati o hanno optato per formule digitali, la Milanesiana non ha rinunciato agli eventi in presenza. Come mai? Quanto è importante vivere la cultura ‘fisicamente’, non accontentandosi della dimensione virtuale?
“Lei andrebbe al mare in streaming? Io no. Preferisco il sole e l’acqua sulla pelle. Ecco, per me la musica, il teatro, il cinema, la letteratura sono come il sale, l’acqua, il sole, la sabbia d’estate. Alla necessità di fare le cose in streaming - dettata dalla emergenza che abbiamo vissuto - non vorrei subentrasse la sindrome di abbandono al virtuale, la pigrizia di stare su un divano”.

Dal 2000 la Milanesiana si propone come grande ‘laboratorio di eccellenza’ che spazia fra letteratura, filosofia, cinema, arte e molto altro. Cos’è cambiato in questi vent’anni nel mondo culturale e nel pubblico?
“Anzitutto si sono moltiplicati i festival letterari e musicali e di ogni genere. In venti anni si è creato un pubblico di spettatori attenti che aspettano un incontro pubblico con uno scrittore, un economista, uno scienziato. Esiste un vero e proprio calendario dei festival che occupa tutto l’anno e crea lavoro: non solo per gli artisti ma per tutto un sistema. E poi c’è un valore immateriale: l’incontro con un artista suscita sempre almeno una scintilla che rimane dentro di noi e, con il tempo, darà i suoi frutti”.

La pandemia ha messo in discussione molti dei nostri modelli di vita e provocato una crisi economica gravissima. I libri, i film, l’arte, la cultura in generale come potranno aiutarci ad affrontare questi nuovi scenari?
“Anzitutto dobbiamo aiutare noi stessi la cultura e il complesso e variegato sistema che va sotto questa etichetta. Se aiuteremo la cultura, la ricerca scientifica, la scuola, il sapere saremo in grado di arrivare meno impreparati a emergenze come quelle che abbiamo vissuto. La cultura non è qualcosa di astratto che sta sopra le nostre teste, ma cammina sulle nostre gambe e parla con le nostre parole, quindi siamo noi responsabili della cultura e non viceversa”.